Il mondo decostruito
IL MONDO DECOSTRUITO
Novembre
1988 a New York apre una mostra dal titolo Deconstructivis Architecture, che ha
come grande ispiratore Philip Johnson e che presenta molte personalità
importanti.
Johnson è
convinto che sia necessario trasformare il paese del buisiness, rinnovando le
forme per mantenere in tensione l’architettura e consentirle di avere un peso
nella società.
Gli
architetti di questa mostra innescano un processo che ha ricadute importantissime
per l’architettura a venire, che presenta infatti una fioritura di opere che,
per vastità e interesse, eguaglia pochi momenti precedenti. Questo si intreccia
anche con molti altri fenomeni, primo tra i quali la modifica dell’intero
sistema della geopolitica mondiale.
Lo storico
Hobsbawm definisce il Novecento come “il secolo breve” perché racchiuso tra due
date cruciali della prima guerra moderna, 1914, e i fenomeni a partire dal
crollo del muro di Berlino nel 1989.
LIbeskind
E’ un
architetto che vive dentro più culture, più discipline. Nato nel 1946 in Polonia,
da genitori profughi dei campi di sterminio, alla metà degli anni 80 è uno
sperimentatore eccentrico. Realizza congegni alla quale associa disegni
astratti che lavorano sulla forza della linea, ovvero sulla capacità di
estendersi e non racchiudersi nei piani tradizionali, ma di muoversi nello
spazio. Le linee così creano dei micromondi, con universi di potenzialità.
Questo concetto
entra nell’architettura, come si nota nel suo capolavoro, la nuova ala del
museo ebraico di Berlino. Qui l’architetto concepisce uno schema nuovo e folle;
il museo si trasforma in una linea spezzata e obliqua sul suolo, che prima è
compressa e poi è slanciata come una freccia aperta verso l’infinito. Chi visita il museo scende e poi sale,
immergendosi nelle fratture.
L’edificio assume
il ruolo della comunicazione. E’ un simbolismo che entra nell’architettura
stessa e si appropria della costruzione e dello spazio.
Nel 1980 il
sociologo Alvin Toffler scrisse un libro intitolato “La terza ondata”,caratterizzata
dal possesso e dal ruolo dell’informazione nei processi economici e nell’intera
società. L’informazione, spiega Toffler, è ciò che rende competitivo ogni bene,
è il valore aggiunto di un bene sia materiale che immateriale.
L’architettura
inizia quindi a spostare il suo interesse dal funzionamento all’informazione, trasformando
il motto funzionalista “esisto in quanto funziono” a “esisto in quanto informo”.
In questo processo è da segnalare l’opera Kiasma di Steven Holl.
Steven Holl
Nato nel
1947 a Washington è un self-made architect. Frequenta diverse università
americane non rinomate, mergendo piano piano a New York a partire dagli anni Ottanta
con diverse opere, come gli appartamenti Makuhari in Giappone o l’istituto di
ricerca Canbrook in Michigan, e soprattutto Kiasma a Helsinki.
Holl non
concepisce un’architettura in assenza di una comunicazione di partenza. I
principi del suo operare e del suo pensiero infatti sono
-dei
processi di metaforizzazione, dove l’architettura spesso deriva da elementi
esterni all’architettura stessa
-forte
interesse fenomenologico, percorrendo e scoprendo flussi di luce o materiali
-consapevolezza
sul ruolo degli spazi aperti ed edifici che giocano insieme per creare il
progetto
Per quanto
riguarda il museo Kiasma, si colloca in un’area centralissima di Helsinki, a
lungo voluto dalla città, e colpisce per l’intelligenza e l’originalità del suo
inserimento urbano. Il progetto risulta composto da due corpi intersecanti; uno
rettilineo sul fronte stradale e uno a galleria, ad esso incastrato, dove le
articolazioni dei volumi al piano terra, come sempre, creano ambiti diversi.
Holl parte
quindi dall’esterno, dalle forze della città per manipolare i volumi del museo;
i flussi si incrociano come nervi e dal loro intreccio, dal loro intertwinig
come lui lo chiama, nasce l’architettura.
Renzo Piano
Nell’ultimo
decennio del Novecento emergono due temi importanti
-quello
delle brown areas, o aree dismesse, che rappresentano aree contemporanee, anche
centrali, svuotate dagli usi industriali
-quello
della riconsiderazione dei rapporti tra architettura e natura
In questo contesto
dell’informazione è importante indicare che il concetto di “zoning” subisce un
grande cambiamento: mentre prima corrispondeva a una città rigidamente divisa
in spazi e tempi, ora si basa sull’esatto opposto, dove si sovrappongono e si
intrecciano diverse funzioni, che prima erano divise.
E in questo
periodo si ha la nascita del tema della “mixitè”
Renzo Piano,
per esempio, negli anni costruisce molti pezzi di questa nuova città
post-industriale o dell’informazione, che realizza in maniera sempre più ampia
nella Citè Internationale a Lione. Comincia a prendere forma un’idea di città
il cui tempo corre sui display degli schermi, dei telefonini, dei computer e
non più sugli orologi delle fabbriche.
Piano è tra
i principali propugnatori dell’anti-zoning, e si può ben notare in molti dei
suoi grattacieli concepiti come funzioni sovrapposte. E’ Potsdamer Plats il
progetto chiave per questa idea. In questo progetto Piano coinvolge anche altri
progettisti e non ricorre alla rigida formazione blocco-strada, ma intreccia i
due, giocando con i vuoti e con la ricerca di aperture, innestando elementi di
sorpresa e novità.
Nel panorama
europeo, in cui le capitali entrano in competizione tra loro per affermarsi
come metropoli, per essere centri pulsanti di attività terziarie, acquisiscono grande
importanza le città di Barcellona e Parigi, con un “rilascio dell’architettura
come nuova guida dei sistemi comunicativi ed economici della città
contemporanea”
L’architettura
acquisisce un nuovo significato, diventando metafora del paesaggio, soprattutto
con le opere di Miralles e Pinos. Con queste due figure si ha l’inizio di una nuova
generazione di architetti.
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